Blue Economy: un pilastro per il futuro del Paese

Numeri, strategie e opportunità

Quando si parla di futuro sostenibile, non si può ignorare il ruolo strategico della Blue Economy, ovvero l’insieme delle attività economiche legate direttamente o indirettamente al mare. Una risorsa che l’Italia sta imparando a valorizzare con crescente consapevolezza, puntando su innovazione, sostenibilità e competitività internazionale.

Secondo il XIII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare curato da Unioncamere, oggi la Blue Economy in Italia conta 232.841 imprese, oltre un milione di occupati e un valore aggiunto pari all’11,3% del PIL nazionale. Numeri che raccontano di un settore in espansione, trainato da una visione che coniuga tecnologia e rispetto dell’ambiente, redditività e impatto positivo sulle comunità costiere.

A differenza della Green Economy, che punta in modo più ampio all’efficienza e alla circolarità delle risorse, la Blue Economy ne rappresenta un ramo specifico, fortemente legato all’ambiente marino e alle opportunità che questo può offrire in termini economici, sociali e occupazionali.

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Il quadro nazionale

Il mare è un moltiplicatore di valore. Lo dimostrano i dati territoriali: nel 2024, il Sud Italia ha detenuto il 32,5% del valore aggiunto della Blue Economy, seguito dal Centro (24,4%), dal Nord-Ovest (23,1%) e dal Nord-Est (20,1%). 

In termini di imprese, il 49,2% ha sede al Sud, con il 37,7% degli occupati. Tuttavia, i moltiplicatori economici (ovvero l’effetto di trascinamento sul resto dell’economia) sono più elevati al Nord, con 2,1 nel Nord-Est, 2,0 nel Nord-Ovest, 1,7 nel Centro e solo 1,6 nel Mezzogiorno.

Tra le regioni più performanti, spiccano Liguria (13,8% di incidenza sul PIL regionale), Sardegna (8,8%), Friuli Venezia Giulia (8,4%), Lazio (6,7%) e Campania (6,6%). A livello provinciale, sono Trieste (25,4%), Livorno (18,7%) e La Spezia (17,4%) a guidare la classifica nazionale per incidenza della Blue Economy sul totale dell’economia territoriale.

Il Lazio è protagonista indiscusso 

Il Lazio si conferma tra le regioni protagoniste dello sviluppo marittimo. Con 30.566 imprese attive nel settore (dato 2024), la regione ha avviato un programma triennale da 27 milioni di euro a sostegno della Blue Economy e della rigenerazione costiera. Tra gli strumenti messi in campo: la Legge sull’Etruria Meridionale, la Legge sulla costa laziale e un piano per la valorizzazione delle spiagge.

Particolare rilievo ha assunto la Cabina di regia dell’Economia del Mare, che coordina politiche regionali e progettualità europee. A livello portuale, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale (Civitavecchia-Fiumicino-Gaeta) svolge un ruolo strategico, non solo per il traffico merci ma anche per la portualità turistica e crocieristica.

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Le eccellenze del Friuli Venezia Giulia

Il Friuli Venezia Giulia rappresenta un caso di eccellenza, con un’incidenza dell’8,4% del valore aggiunto dell’economia del mare sul totale regionale. La provincia di Trieste si posiziona in testa a livello nazionale (25,4%), grazie a un sistema portuale avanzato, infrastrutture logistiche all’avanguardia e una solida integrazione con i mercati dell’Europa centrale.

Sul fronte della nautica da diporto, la regione registra la più alta dotazione nazionale di infrastrutture: 164,5 posti barca per km di costa, contro una media italiana di 21. Il cluster della nautica conta 518 sedi di impresa (in crescita del +3%), con una forte presenza nei settori della manutenzione e riparazione (221 imprese) e della costruzione navale (180).

Anche l’export è in forte espansione: nel 2024, il comparto “navi e imbarcazioni” ha toccato quota 2,89 miliardi di euro, con un incremento del +46,9% sul 2023 e un saldo commerciale positivo di oltre 2,7 miliardi. I principali mercati di sbocco sono Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito, che assorbono il 90% delle esportazioni.

I settori chiave

  • Pesca

La pesca è un settore che richiede oggi competenze tecniche, investimenti importanti e capacità di innovare. Attualmente le normative UE (come il Regolamento West Med) impongono limiti stringenti, mentre i cambiamenti climatici alterano gli habitat marini e costringono molte imprese alla dismissione: oltre 1.200 richieste di abbandono dell’attività nel 2024.

Tuttavia, le opportunità sono reali: turismo esperienziale, motorizzazione ibrida, intelligenza artificiale per il monitoraggio delle acque e formazione in collaborazione con le università

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  • Portualità turistica

Altro pilastro dell’economia del mare è la portualità turistica. Una proposta di legge avanzata da Assonat-Confcommercio punta a rilanciare il settore attraverso infrastrutture moderne, tecnologie ecocompatibili e semplificazione burocratica. L’obiettivo è trasformare i porti turistici in hub sostenibili, attrattivi per investitori, operatori e viaggiatori.

  • Cantieristica navale

La cantieristica navale è uno dei settori trainanti del Made in Italy. L’Italia contribuisce oggi al 36% della produzione mondiale di navi da crociera, con 37 nuove unità previste entro il 2035

La filiera conta 14mila imprese, 9,1 miliardi di euro di export e un effetto moltiplicatore pari a 2,7 milioni di euro per ogni milione investito.

Anche il segmento della cantieristica funzionale (pescherecci, infrastrutture offshore, ecc.) mostra segnali di crescita sul lungo periodo, con un incremento del +196% rispetto al 2013, nonostante un leggero calo nell’ultimo anno.

La Blue Economy non è più un’utopia green, ma una realtà economica concreta capace di generare valore, occupazione e innovazione. Per coglierne appieno il potenziale, sarà fondamentale investire in competenze, semplificare la burocrazia, sostenere la ricerca tecnologica e rafforzare il dialogo tra istituzioni e operatori economici.

Fonti: legambiente.it, ossermare.org, pnud.camcom.it, regione.lazio.it, economiadelmare.org


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