Qual è la situazione attuale della moda italiana?
Tra un paio di settimane, il 23 ed il 24 ottobre, a Venezia si terrà il Sustainable Fashion Forum, giunto ormai alla quarta edizione. Il programma si annuncia ricchissimo e prevede la presentazione dello studio strategico “Just Fashion Transition”, l’osservatorio permanente sulla transizione sostenibile delle filiere chiave della moda, abbigliamento, calzature e pelletteria curato da The European House–Ambrosetti.
La presentazione dell’evento ha fornito l’occasione adatta per anticipare il tema attorno al quale il Forum è stato pensato e costruito: le difficoltà del sistema moda italiano e l’urgenza di trovare una soluzione sostenibile sul lungo periodo. A lanciare l’allarme è stato Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda, introducendo il piano strategico per il settore, che guarda al 2030 e che sarà illustrato a Roma il prossimo novembre.
Qualche dato
Rispetto alla situazione del sistema moda del nostro Paese, Sburlati non ha usato giri di parole: siamo “sotto attacco”. Nel primo semestre del 2025, infatti, l’export è calato del 4% e l’import è cresciuto del 6%, valore che prendendo in considerazione la sola Cina sale a +18%. È proprio la Cina a riuscire là dove tanti hanno fallito: mettere in crisi il savoir faire e la qualità della moda Made In Italy.
Come ha spiegato Sburlati, «ogni giorno arrivano nelle nostre case centinaia di migliaia di pacchi spesso provenienti da piattaforme digitali asiatiche che non pagano dazi, non passano per le dogane e, in molti casi, non versano neppure l’IVA. È una concorrenza sleale che sta minando le fondamenta del nostro sistema produttivo».
Il settore, in Italia, vale oltre 100 miliardi di euro, ma negli ultimi anni, nonostante il ruolo di simbolico nel panorama del made in Italy, le difficoltà non sono mancate. Le manifatture hanno dovuto fronteggiare l’aumento dei costi energetici e la carenza di manodopera specializzata, senza contare la concorrenza aggressiva dei colossi digitali.
Il cuore del problema e le possibili soluzioni
Il presidente di Confindustria Moda ha denunciato la necessità di “una norma urgente anti-penetrazione dei pacchi non dichiarati”, per interrompere l’assalto di prodotti a basso costo che invadono il mercato tramite e-commerce.
Il fulcro del problema, secondo gli analisti, starebbe proprio in un vuoto normativo che coinvolge tutta l’Unione Europea, lasciando ogni stato membro a sé. In questo contesto, a fronte di paesi come la Francia che hanno approvato leggi che tassano l’ultra fast fashion, in Italia i pacchi in entrata con un valore dichiarato inferiore ai 150 euro sono esenti da dazi.
La questione è urgente, ma limitarsi a tamponare la falla non è più un’opzione sostenibile: “Non possiamo reagire sempre e soltanto agli shock esterni – ha rincarato Sburlati – ma dobbiamo definire un piano strategico nazionale per la moda al 2035. Il nostro settore deve avere una visione: difendere la filiera, innovare, digitalizzare, formare nuove competenze e mantenere la produzione in Italia”.
Se l’Italia vuole continuare ad essere leader in materia di stile e artigianato d’eccellenza, mantenere una visione salda e coerente sul tema della sostenibilità è fondamentale; parallelamente, le istituzioni devono iniziare a trattare il comparto non come un settore di lusso, ma come un pilastro basilare della nostra economia.
Fonti: ansa.it, https://www.lacnews24.it
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