Quali sono i mercati alternativi agli USA per le imprese italiane?
Da qualche giorno non si parla d’altro che dei dazi americani e degli effetti che avranno sull’Unione Europea e sul nostro paese. Che fare? Politica, associazionismo e imprese hanno già iniziato a guardarsi intorno e se da un lato si sente l’esigenza di percorrere la strada della diplomazia e contrattare con Trump e gli Usa, dall’altro si pensa alla differenziazione, alla ricerca di mercati alternativi.
Il viaggio di Ursula von der Leyen in India, alla fine dello scorso febbraio, è una chiara dimostrazione dell’urgenza dell’Europa di trovare nuovi sbocchi per i propri prodotti. Ma nell’attesa che le istituzioni giungano a delle soluzioni, cosa possono fare gli imprenditori? Verso quali mercati si possono orientare e in che modo possono accedervi? Per tutte queste domande, c’è una sola risposta possibile: diventare parte del mondo di CircoloB2B!
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I settori a rischio che vogliono puntare su nuovi mercati
A chi si rivolgono le strategie di internazionalizzazione che rappresentano il core business di CircoloB2B? Agli imprenditori di ogni settore, soprattutto in scenari economici e politici sempre più complessi per il Made In Italy.
Per fare un esempio, il risveglio protezionistico degli USA, è il tema chiave attorno al quale ruota la 57esima edizione del Vinitaly: degli oltre 14.5 miliardi di euro che costituiscono il giro d’affari del vino italiano, infatti, 8.1 sono quelli realizzati sui mercati internazionali, di cui 1.93 miliardi fatturati solo negli Stati Uniti.
Tra le filiere a rischio e per questo interessate a differenziare i propri mercati, c’è anche quella del legno-arredo. A testimoniarlo, le parole di Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo: “Gli imprenditori del settore, come sempre, sono pronti a fare la propria parte, siamo alle porte del Salone del Mobile che sarà ancor più strategico anche in ottica di sondare e aprirci a mercati considerati fino ad ora secondari”.
Dello stesso avviso anche il presidente di Farmindustria, Macello Cattani, per cui si deve “insistere con l’espansione su altri mercati”, e quelli di Confartigianato, Marco Granelli, e Coldiretti, Ettore Prandini, che ribadiscono l’importanza dell’internazionalizzazione e della diversificazione dei mercati, soprattutto per le PMI.
Quali sono gli Stati su cui puntare?
Tanti settori del Made In Italy sembrano spingere le istituzioni europee a trovare accordi con il Mercosur (il mercato comune dell’America Meridionale) e l’India. Ad esempio, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato ritiene che sia l’area Indo-Pacifica a poter offrire nuove opportunità, mentre per il mondo del vino l’export in Brasile, con un fatturato di 41 milioni nel 2024 (+12.6% rispetto al 2023), potrebbe rappresentare il punto d’accesso ai mercati latino americani.
Per il settore vitivinicolo, fondamentale anche il Canada che con 447 milioni di euro di fatturato (+15.3% sul 2023) è la quarta destinazione del vino italiano; bene anche l’export in Russia, a quota 230 milioni di euro (+45.6%).
A sorpresa, anche la vecchia Europa ci apprezza: la Germania è il secondo mercato in assoluto, unico con gli Usa a superare il miliardo di acquisti (1.18, con +3.7%). Ottimi i risultati anche in Olanda (257 milioni, +10.1%), Austria (163 milioni, +14.4%), Danimarca (150 milioni, +4.9%), Repubblica Ceca (105 milioni, +4.1%) e in Irlanda (58.5 milioni, +19.5%).
L’Europa è al centro anche dei progetti del presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop, Domenico Raimondo: “Stiamo intensificando le attività nei Paesi europei con una campagna di promozione ad hoc, a partire da Francia, Germania e Regno Unito”. Anche per questo prodotto d’eccellenza Made in Italy ci sono comunque possibilità al di fuori dell’Ue, soprattutto in Giappone, negli Emirati Arabi e in tutta l’area dei Paesi del Golfo.
Fonti: ilsole24ore.com, ilfattoquotidiano.it
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